“Il filosofo e la libertina”

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“Il filosofo e la libertina”

di P. Prange

La nebbia li avvolgeva tutti e due come un’impalpabile coperta bianca, intessuta di innumerevoli ragnatele luccicanti, senza inizio nè fine, mentre si immergevano sempre più profondamente in quella chiara oscurità che li proteggeva e li nascondeva al tempo stesso.
Erano gli unici esseri umani al mondo.
“Ti ho tradito” disse Sophie con il volto ancora umido di lacrime. “Non so come sia accaduto. A un certo punto ho pronunciato il tuo nome”.
“E’ stata colpa mia” disse Diderot prendendole la mano che lei abbandonò nella sua senza esitare. “Sono io il traditore, io ho tardito la nostra storia”.
“ero tanto confusa quando ho letto come si era trasformata Mirzoza. Era così fredda, così calcolatrice. Non c’era più amore tra lei e il sultano”.
Diderot si fermò a guardarla.

“Hai letto tutta la storia?”
Sophie scosse il capo.
“Ma allora non sai come va a finire! Mirzoza supera la prova, è l’unica donna a corte che ami davvero il proprio uomo. Mongagul lo viene  a sapere soltanto alla fine”.
“Hai scritto questo?” sussurrò Sophie guardando i suoi limpidi occhi azzurri.
“Sì, Sophie, non ho potuto fare altrimenti”. L’attirò a sè e la strinse forte. “E’ accaduto tutto da solo, quasi contro la mia volontà. All’inizio, lo ammetto, volevo che l’anello incantato tradisse anche Mirzoza. Ma non è stato possibile, la mia mano e la mia penna si rifiutavano di mettere per iscritto un finale simile”.
“Ah, ma perchè non l’ho saputo? Potrai mai perdonarmi?”
“Non c’è niente da perdonare, Sophie. Ho meritato mille volte la mia punizione!” Le prese la testa tra le mani senza esitare, in modo così semplice e naturale come se non potesse fare niente altro. “Mi devi dire soltanto una cosa. perché ti sei sposata? E’ stato come se qualcuno mi avesse infilato un coltello nel cuore”.
“Non l’hai capito?” chiese Sophie.
“No. Ho continuato a domandarmelo, ma non ho trovato nessuna risposta. Dimmelo, ti prego, lo devo sapere”
Sophie esitò. Sentì molto piano, come se fossero lontanissime, le onde della Senna infrangersi contro gli argini. Poi disse: “Perchè avevo paura di te, Denis”.
“Paura? Di me?”
Sophie annuì in silenzio.
“Ma perchè?”
“Perchè… perchè ti amo…”
Diderot la fissò senza dire una parola, ma i suoi occhi risposero a tutte le domande che Sophie aveva ancora dentro di sè. Senza staccare gli occhi dai suoi, si chinò su di lei per baciarla.
“Come è possibile avere paura dell’amore?” sussurrò prima che le le lro labbra si sfiorassero.
Diderot la prese tra le braccia e la strinse forte, mentre lei aveva la sensazione di precipitare sempre più in basso e nello stesso tempo di librarsi nell’aria. le ricporì il volto di baci, balbettando parole d’amore e di follia, accarezzandole le braccia, le spalle, il collo. Sì, sì, sì! Le sue mani scivolarono lungo la schiena, sulla vita, sui fianchi, così dolci e leggere come una promessa, eppure così sicure ed energiche che Sophie non desiderò altro che la sostenessero per sempre. Trasaliva ad ogni carezza, si abbandonava ad ogni carezza. Chiuse gli occhi con un sospiro. Tutto il desiderio che era arso dentro di lei, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, sembrava avere fine e nello stesso tempo avere finalmente davvero inizio, in quel momento straordinario in cui lei percepiva lui, percepiva se stessa come mai prima di allora. Ormai non era altro che pelle, sensazioni e sentimenti, ormai non era altro che carne, desiderio e brama. I suoi seni, il suo ventre, tutto il suo corpo che aveva tanto bramato questo piacere era pronto per lui, con ogni poro, ad accoglierlo, affondersi in lui, a diventare una cosa sola insieme a lui, allora e per sempre.  

(da Peter Prange, “Il filosofo e la libertina”, Mondadori, 2006, pp. 203-205)

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