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Ghettizzazione o opportunità per le donne?
La questione delle quote rosa è controversa perché vede l’approvazione di alcune donne, ma anche la netta opposizione di altre che le considerano una forma di ghettizzazione iniqua nei confronti di una componente della popolazione che è addirittura superiore rispetto all’altra. |
Ritenendo, invece, che un’equa rappresentanza e una reale parità sono garantite dalla presenza al 50% di donne e al 50% di uomini all’interno degli organi rappresentativi.
In Italia sono state elaborate delle proposte di legge, di iniziativa popolare, orientate in tal senso. Una, denominata “Norme di Democrazia Paritaria per le Assemblee elettive” , promossa dall’associazione femminile UDI (Unione Donne in Italia) è stata depositata al senato nel 2007, un’altra, “Disposizioni in materia di equilibrio nella rappresentanza di genere nelle elezioni per il Consiglio regionale e il/la Presidente della Regione”, promossa dal Comitato salentino “Mai più senza 50 e 50”, è stata consegnata al presidente del consiglio regionale della Puglia nel 2012.
La prima stabilisce che le liste per le competizioni elettorali di tutte le assemblee elettive (dai comuni al parlamento europeo) devono essere composte da un numero uguale di uomini e donne. La seconda dispone che in ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 50% e prevede la doppia preferenza di genere, cioè la possibilità di dare due voti, ciascuno per un candidato di sesso diverso.
La prima proposta di legge non è mai stata discussa dalle camere. La seconda è stata bocciata il 28 novembre 2012 con voto segreto dal consiglio regionale pugliese. Nel dibattito consiliare sono emerse motivazioni di dissenso che hanno attestato sia il perseverare di una cultura politica maschilista al limite della misoginia, sia il fatto che non si può parlare di democrazia compiuta con la sola rappresentanza degli uomini, visto che questi anziché perorare gli interessi dell’intera cittadinanza, e quindi anche delle cittadine, attuano pratiche di discriminazione.
Queste vicende fanno interrogare sul ruolo dei partiti e confermano che le politiche per le donne sono possibili solo se ci sono più donne in politica. Queste esperienze dimostrano anche che l’uguaglianza di genere nella rappresentanza, intesa come presenza al 50%, è fortemente osteggiata (gli uomini si vedono sottrarre poltrone) e non può essere ottenuta legislativamente in un solo colpo, ma per gradi. Infatti le quote sono state approvate a livello nazionale con la L. 215/2012 che introduce, per le elezioni amministrative, la doppia preferenza di genere e impone che nessuno dei due sessi sia rappresentato nelle liste in misura superiore ai due terzi. Sarà stato l’entusiasmo per la legge recente, sarà che questi aggiustamenti legislativi, se temporanei, possono imporre atteggiamenti diversi (nei partiti da parte degli uomini nei confronti delle donne), ma il dato è che nelle amministrative pugliesi di questi giorni la metà degli eletti è donna.
Per approfondimenti
Rossella Bufano, Donne e politica: cittadinanza, rappresentanza, e-democracy, in R. Bufano e P. Di Viggiano, Donne e società. Partecipazione democratica e cittadinanza digitale, Tangram, 2013.