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Numerosissime furono le donne che negli anni del confitto si mobilitarono per l’assistenza sul campo ai feriti in battaglia. Secondo le stime più attendibili furono, solo nel caso italiano, circa diecimila le volontarie nella Croce Rossa che popolarono i tanti ospedali e i punti di soccorso sorti durante la guerra, che si imbarcarono su navi e treni ospedale e che con le loro preziose e attente cure riuscirono ad alleviare almeno in parte le profonde piaghe -corporee e psichiche- dei soldati feriti al fronte.
Breve storia della Croce Rossa Italiana
Fondata durante le campagne di guerra risorgimentali, la Croce Rossa Italiana, come organizzazione umanitaria, non è mancata neanche nelle successive. A pochi anni dal riconoscimento giuridico in Corpo Morale (L. 30.5.1882), la Croce Rossa Italiana disponeva nelle sue strutture centrali di tredici treni ospedale, due ospedali da guerra da duecento posti e dieci minori con cinquanta posti. Durante la Grande guerra la Cri svolse un’attività di enorme valore umanitario in parte sconosciuta.
Anche se la prima infermiera volontaria era donna, l’accesso femminile a questa specialità fu lungamente rinviato: di fatto, solo nel 1908 all’ospedale del Celio di Roma veniva inaugurata la prima scuola infermiere volontarie. Già con la Guerra di Libia le crocerossine partecipano ai soccorsi sia in Africa che a Rodi, però è con la Grande Guerra che l’organizzazione viene messa alla prova, con oltre mille infermiere e tutto lo staff degli ospedali da campo che partecipano al conflitto.
A guidare le crocerossine la duchessa D’Aosta col grado di generale. Alle infermiere volontarie della C.R.I., infatti, per dotarle di autorità e di difesa, in un mondo prettamente maschile, vengono dati gradi da ufficiale. Nel resto del paese per curare i settecentomila feriti vengono allestiti ovunque ospedali, in cui prestano servizio altre seimila volontarie.
Al di fuori della retorica esaltante la tenacia e l’eroismo del campo di battaglia, per le crocerossine l’aspetto meno piacevole della guerra è costituito dalle desolanti scene di cadaveri, mutilati, e dai ricoverati per effetti del gas ed altri traumi compresi quelli psichici. Per poter intervenire con efficacia era necessario operare in zone vicine al fronte, per le strade battute dall’artiglieria, installandosi in case semidistrutte spesso senza medicinali o isolandosi nei lazzaretti con i malati infetti. La C.R.I. aveva mobilitato circa 9500 uomini, 8200 crocerossine e 1200 ufficiali e alla fine del conflitto anche le crocerossine contarono i loro morti: 44 per ferita o cause di servizio (malattie contratte), 3 prigioniere.
Le sorelle Marinaz: un esempio di coraggioso servizio
Queste due donne durante il primo conflitto mondiale si prodigarono presso l’ospedale della Croce Rossa austriaca che si trovava nei locali del Seminario Arcivescovile di Gorizia, dedicandosi, tra il 1915 e il 1916, alla cura dei soldati austro-ungarici feriti durante i combattimenti nei dintorni della città. L’ospedale venne bombardato più volte ed esse rischiarono la vita per salvare i soldati lì ricoverati. E andò avanti così fino all’agosto del 1916 quando dopo la conquista della città da parte degli italiani esse si trasferirono presso l’ospedale militare di Aidussina (nell’attuale Slovenia) e dato che era distante dalla linea del fronte esse conobbero finalmente un po’ di pace senza più la minaccia dei continui bombardamenti. In tutto quel periodo Virginia, la sorella maggiore, tenne un diario, scritto in lingua tedesca, che racconta le vicende e gli stati d’animo non solo di suoi e della sorella Enrica, ma anche della popolazione e dei soldati feriti costretti a letto.
Grazie all’opera umanitaria prestata anche durante la Seconda Guerra Mondiale come volontarie della Croce Rossa Italiana, le Marinaz ottennero alte onorificenze da parte della stessa Croce Rossa, dal governo austriaco e da quello italiano. Anche nel dopoguerra si mantennero al servizio della Croce Rossa locale e per ben venticinque anni insegnarono gratuitamente presso le caserme del Presidio Militare di Gorizia, permettendo a moltissime giovani leve di conseguire il diploma della scuola dell’obbligo. Nell’ambiente della Croce Rossa goriziana e tra alcuni studenti che le ebbero come insegnanti sono ancora ricordate per amore per il prossimo, il gran senso del dovere e della precisione nello sbrigare qualsiasi incarico.
Non si sposarono e vissero sempre insieme anche dopo la morte dei genitori. Ambedue vissero molto a lungo: Virginia morì nel giugno del 1975 ultranovantenne, mentre Enrica la seguì quasi un anno dopo all’età di ottantotto anni. I funerali delle due goriziane, che vennero sepolte nella tomba di famiglia a Lucinico, furono celebrati in gran pompa alla presenza delle più alte autorità cittadine.
Approfondimenti
Le crocerossine_La Grande Guerra-Rai Storia