“Il Biondo Eckbert”, tra Sensucht e Phantasien


Fantasia, realtà

e peccato originale

in Ludwig Tieck


di Chiara Listo

Ludwig Tieck pubblica per la prima volta “Il Biondo Eckbert” (“Der Blonde Eckbert”) nel 1797 all’interno della raccolta “Volksmärchen”. Il racconto non è estraneo ai temi che sono cari al Romanticismo, ma quello che colpisce è che Tieck lo scrive e pubblica in un periodo precedente all’approssimarsi della corrente, quando ancora si era in pieno Classicismo.

 

 

 

Tieck, di fatto, anticipa piacevolmente quelli che saranno temi cari alla letteratura romantica tedesca: il senso di colpa, la dispersione e l’isolamento in luoghi ameni, poetici e sterminati, la potenza dei sogni dell’insconscio, il sogno stesso dell’amore che si trasforma in incubo.

Il racconto, in bilico perfetto tra fiaba e novella, si articola in due cornici, e in due modi diversi lo possiamo percepire, cogliendo molteplici sensi. Nella prima cornice, abbiamo lo stato dei fatti: Eckbert invoglia sua moglie Bertha a narrare a un comune amico, Walther, la storia della sua vita travagliata, in cui natura e fantasia si fondono. Bertha racconta dunque di come sia scappata di casa, abbia peregrinato per i monti dell’Harz, abbia attraversato fiumi e boschi impervi per trovare il suo “locus amoenus”, la sua salvezza dentro la casa di una donna anziana che la prende a vivere con sè, insieme a un cane e a un uccello magico.

 

Solitudine nel bosco / Che mi rallegra / Domani come oggi / Eternamente / Come mi allieta / Solitudine nel bosco”.

 

E così Bertha passa alcuni anni. Un giorno però, avverte la solitudine della lontananza dagli esseri umani, e fugge dopo aver derubato la vecchia che tanto aveva fatto per lei.

 

La natura e i suoi luoghi si aprono a noi come l’inconscio dei protagonisti. La natura rappresenta ciò che Bertha prova. È sterminata, come la libertà che all’inizio ha conquistato. È una natura immane e solitaria, quando vuole tornare a vivere a contatto con le altre persone e si lascia tutto alle spalle.

 

E già da prima che Bertha termini il suo racconto, con l’incontro tra lei e il suo amato, biondo Eckbert, veniamo trasportati in una dimensione di angoscia e orrore, perchè Walther, l’amico a cui la storia è stata raccontata, mostra di conoscere nomi e particolari come se quella storia, lui, l’avesse vissuta in prima persona. Bertha ed Eckbert si ritrovano avvinti, stretti da un laccio troppo stretto per i loro colli, con la sensazione che qualcosa di terribile sia sempre avvenuto dietro le quinte, a loro insaputa. E ancora una volta, il mondo è scisso tra verità e fantasia, un elemento realistico per uno desueto, pauroso, oscuro, che sfugge al controllo della mente e mette un tarlo alla mente del protagonista e di sua moglie. Un tarlo che fa male, e che culminerà nell’inevitabile tragedia.

 

I debiti si riscattano tutti, ciò che è stato concesso o rubato alla natura, alla natura deve tornare, in un modo o nell’altro. Eckart è alla ricerca della verità, quella “Wanderung” tanto cara al Romanticismo, e per questo, e per l’aver sfiorato una donna che si è macchiata di una colpa insanabile, vedrà sprofondare la sua vita sul baratro senza possibilità di risalita.

 

Una vecchia ricurva salì pian piano con la stampella la collina, tossendo – Mi riporti il mio uccello? Le mie perle? Il mio cane? – gli gridò contro – Vedi, l’ingiustizia si punisce da sola!”.

 

La vendetta arriva, e arriva in un luogo che è tanto caro a Bertha, quando a Eckart: il bosco, quello stesso bosco attraverso cui la giovane moglie del protagonista è fuggita da bambina, e che diventerà la sede del trauma rimosso, e il “Waldeinsamkeit”, il luogo dove si scatenerà la vendetta della vecchia strega depredata. Perchè la natura nulla dimentica e tutto può.

 

Solitudine del bosco / Quanto lontana! / Oh con il tempo / Ti pentirai – / Ah, unica gioia / Solitudine del bosco”.

 

La compenetrazione tra la dimensione fiabesca e la dimensione reale produce un corto circuito nei personaggi e nel lettore. E noi sappiamo bene cosa passa per la testa di Eckart e Bertha, perchè è rappresentato dalle tinte, dall’evolversi della natura attorno a loro, specchio perfetto del loro animo, “Sensucht”.

 

Il racconto di Tieck è anche ricco di trasposizioni mitologico-religiose: il rapimento dell’uccello magico porta al “peccato originale” di Bertha, che macchia le sue mani e la sua anima, la rende impura e non le permetterà più di vivere un’esistenza appagante, ma a cercare la felicità, a desiderarla costantemente, allungando la mano senza poterla mai raggiungere. E alla fine, rimangono solo ombra, maledizione e il fantasma di un incesto.

Ormai Eckbert aveva perduto definitivamente il senno, i sensi; non riusciva a trovare la soluzione dell’enigma, se stesse sognando in quel momento o se avesse sognato, in passato, di una moglie di nome Bertha. Le cose più meravigliose si mischiavano a quelle più usuali, il mondo intorno a lui era incantato ed egli non era padrone di alcun pensiero, di alcun ricordo.

 

Approfondimenti
Bibliografia

– L. Tiechk, “Fiabe Romantiche”, Milano, Garzanti, in “I Grandi Libri”, 2009

– W. Wackendroder, “Opere e Lettere”, Milano, Bompiani, in “Il pensiero Occidentale”, 2014

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