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“Racconto a più voci di un patrimonio da tutelare, proteggere e valorizzare”
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Ne “Un capolavoro chiamato Italia” sono chiamati a portare messaggi, voci, conoscenze, esperienze e idee personaggi illustri che provengono dal mondo della cultura, della politica, delle forze dell’ordine preposte alla tutela dei beni culturali e dei responsabili di gioielli d’arte e d’architettura sparsi in tutta Italia.
“Dunque, prima ancora che dalla Cultura, partiamo dalle sue basi, dall’istruzione, e ripensiamola nei termini dell’unico possibile investimento per il nostro futuro dopo la crisi.” ( A. Massarenti, p. 210)
Il volume è strutturato in tre sezioni complementari che si articolano attorno all’oggetto della pubblicazione: conoscere il nostro patrimonio e proteggerlo al meglio per trovare l’equilibrio corretto fra l’esperienza diretta che innesca cultura e la forzata necessità di salvaguardare unica che non ammettono repliche, come diceva Paganini.
“Se un giorno decidessimo di rendercene conto, potremmo anche scegliere di unire le forze che proteggono, studiano e fanno conoscere l’ambiente e il patrimonio artistico italiani.” (T. Montanari, p. 214)
S’inizia con uno spazio dedicato alla tutela del patrimonio, un sorta di storia della legislazione italiana in merito ai beni culturali e al pensiero politico ed economico che gravita intorno ad un asse centrale della nostra economia mai veramente compreso e sviluppato a dovere; è il primo passo per intraprendere un percorso di conoscenza volto alla salvaguardia intelligente e passionale del nostro immenso e fragile “museo a cielo aperto”, una Wunderkammer che frequentiamo ogni giorno, spesso inconsapevoli spettatori di cotanta bellezza, incapaci di rimirarne a fondo la forza culturale e la potenza espressiva che sono l’anima vitale di tutti i cittadini italiani.
Da sole le leggi non sono sufficienti a garantirne la sopravvivenza, è necessario favorire un processo di conoscenza, di consapevolezza, di condivisone e di partecipazione per trasformare la cultura nel punto focale dell’economia del nostro paese, per un benessere trasversale che non tocca solo l’economia ma le singole vite di ognuno di noi e i nostri valori fondanti.
Nella seconda parte si affronta il delicato tema, mai davvero svolto, dell’arte quale motore trainante dell’economia italiana:
“I beni culturali, come già detto, costituiscono una risorsa in grado di arrecare cospicui vantaggi economici e occupazionali. Sono un investimento affidabile, oltre che fonte di crescita culturale e sociale di un popolo. Costituiscono la storia e l’identità di ogni comunità: la loro ricchezza è nella diversità; il loro valore è nella memoria. Depauperarli, o lasciarli depauperare, significa abdicare alla stessa natura di uomini, rinunciare a se stessi.” (R. Conforti, p. 72)
Ogni intervento nasce dalla propria visione personale e professionale ma tutti si muovono sicuri attorno al messaggio principale: la cultura è sì investimento, è ritorno economico per il nostro paese ma l’economia della “cultura” non può essere disgiunta dalla consapevolezza dell’enorme valore che possiede, a livello intrinseco ed estrinseco, e dalla necessaria compartecipazione di tutti gli stakeholder, nella fattispecie anche noi singoli cittadini, nell’azione di protezione e di promozione, per poterla godere non quale mero bene di consumo usa e getta ma per trasformarla in un’educazione continua e consapevole che parte dal passato per arrivare al futuro. I fruitori sono chiamati a fare un passo in avanti, non fermandosi al livello di “consumatore” inconsapevole e superficiale ma diventando discenti, esploratori del proprio passato con nuovi occhi per costruire un futuro migliore.
“La salvaguardia, che si ricava sommando i verbi controllare, conservare e proteggere, è un atto di democrazia che dobbiamo a un tesoro. Il quale, come tutte le ricchezze, è innanzitutto da godere” (A. Torno, p. 338)
La terza, ed ultima parte, è dedicata ai progetti portati avanti dalla Fondazione Hruby – che non si occupa solamente di promuovere la cultura attraverso convegni, ricerche, pubblicazioni, premi per le migliori aziende di installazione di sistemi di sicurezza per i beni culturali ma si assume gli oneri della sicurezza di alcuni dei più noti e significativi gioielli d’arte, di cultura ed architettonici italiani – su tutto il territorio italiano.
La sicurezza al servizio della cultura è raccontata con esempi concreti e misurabili dai responsabili dei siti protagonisti dell’attività della Fondazione, due sono i fili che s’intrecciano per valorizzare al meglio il nostro patrimonio: la tutela attiva, con le migliori tecnologie per preservare un bene unico, unita al miglioramento della fruizione, grazie proprio alla tecnologia di controllo.
Un obiettivo ambizioso: preservare e attivare la conoscenza a vantaggio di tutti.
Un saggio da leggere, pur senza affondare troppo nei tecnicismi e nella scrittura settoriale per esperti il libro racchiude contenuti fondamentali per riavviare un ripensamento alle politiche economiche e legislative in materia di beni culturali e per scuotere le coscienze affinché ognuno di noi comprenda che il nostro patrimonio culturale è “cosa nostra”, dobbiamo prendercene cura e assumercene la responsabilità, per noi e per chi verrà a posteriori.
È auspicabile che finalmente ci si renda conto che la cultura “siamo noi” e che se sapremo proteggerla e valorizzarla potremo davvero progettare un’economia della cultura per il benessere sociale che trasformerà il volto del nostro paese in chiave positiva e creativa.
– AA. VV., “Un capolavoro chiamato Italia”, a cura di C. A. Brioschi, con la collaborazione di S. Nistri, Fondazione Enzo Hruby, 2015
Per richiederne una copia, vai qui.
Approfondimenti
La Fondazione Enzo Hruby, nata nel 2007, si occupa attivamente di cultura della sicurezza per i beni culturali attraverso l’utilizzo delle più avanzate tecnologie, forte dell’esperienza professionale nel campo del suo fondatore, e presidente, Enzo Hruby e dell’azienda Hesa S.p.A; un impegno volto a realizzare progetti importanti di tutela e a diffondere un importante messaggio, quello di proteggere ciò che per ogni società è la base fondante: il suo patrimonio culturale, non solamente per preservarlo ma per fruirlo al meglio, nel pieno rispetto delle sue fragilità e delle sue infinite bellezze.