Luisa Spagnoli: sconosciuto “genio” del marketing


Moglie, madre e imprenditrice creativa

nell’Italia di primo Novecento


di Sara Foti Sciavaliere

Una decina di giorni fa una miniserie Rai ha fatto conoscere al grande pubblico la straordinaria figura di una donna, Luisa Spagnoli, che ha cambiato il modo di fare impresa in Italia già nella prima metà del Novecento, con un spirito innovativo e pronto a scontarsi con i pregiudizi del suo tempo.  Una ragazza umbra di umili origini che diventa  una delle prime e più grandi imprenditrici italiane, protagonista dell’economia e della cultura del nostro Paese.

 

 

Luisa Spagnoli, nata Sargentini (Perugia, 30 ottobre 1877 – Parigi, 21 settembre 1935), è stata di fatto, un’intrepida imprenditrice italiana ricca di iniziative e creatività, nota soprattutto per la creazione di note specialità della casa dolciaria Perugina tra cui il Bacio, ma anche l’ideazione dell’omonima catena di negozi d’abbigliamento.

Figlia di Pasquale Sargentini, pescivendolo, e di Maria Conti, casalinga, Luisa è poco più che ventunenne quando sposa Annibale Spagnoli. I due rilevano una drogheria e, subito dopo, cominciano a produrre confetti. Intanto nascono tre figli: Mario, Aldo e Annibale.

Luisa è una donna intraprendente e vuole che l’attività di famiglia cresca, così nel 1907, insieme al marito e a  Francesco Buitoni e Leone Ascoli, dà vita a una piccola azienda con sede nel centro storico di Perugia, la Perugina, con quindici dipendenti. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale a mandar avanti la fabbrica rimane solo la signora Spagnoli con due dei suoi figli. A guerra finita la Perugina è già una manifattura con più di cento dipendenti.

Nel 1923 Annibale Spagnoli si ritira dall’azienda a causa di incomprensioni personali con la moglie ed è qui che si colloca a storia d’amore tra Luisa Spagnoli e Giovanni Buitoni, quattordici anni più giovane e figlio del socio Francesco. Pochissime le testimonianze e i ricordi delle persone più vicine alla coppia che parlano di un legame profondo ma riservato, tanto che  i due non hanno mai vissuto insieme. Per Luisa, ormai nel consiglio di amministrazione della Perugina, inizia anche l’impegno per la costruzione di strutture sociali che migliorino la vita dei dipendenti e delle dipendenti. Inventa la tavoletta di cioccolata “Luisa”, la caramella “Rossana” e il famoso cioccolatino “Bacio Perugina”.

Alla fine del primo conflitto mondiale, si lancia in una nuova impresa: l’allevamento dei conigli d’angora. Gli animaletti  non venivano uccisi né tosati, ma amorevolmente pettinati per ricavare la lana d’angora per i filati. Nasce così nel sobborgo di Santa Lucia l’“Angora Spagnoli” per le creazioni di scialli, boleri e indumenti alla moda. In Italia, fino a quel momento non c’era molto interesse per la lana d’Angora, e i conigli venivano allevati soprattutto all’estero quindi  la Spagnoli iniziò ad allevarli nel giardino della sua villa e a sperimentare la tessitura di quel filato, fino ad averne una versione pregiata con la quale confezionava capi molto richiesti, anche all’estero. La segnalazione alla Fiera di Milano come “ottimi prodotti” spingono Luisa a moltiplicare gli sforzi: sono otto mila gli allevatori che mandano a Perugia per posta il pelo pettinato via da almeno duecentocinquantamila conigli.

Luisa non riuscirà a vedere il vero decollo dell’azienda – il marchio “Luisa Spagnoli” – che inizierà circa quattro anni dopo sotto la guida del figlio Mario. Nel frattempo, purtroppo,  le viene diagnosticato un tumore alla gola e Giovanni Buitoni la trasferisce a Parigi per garantirle le migliori cure, rimanendo  al suo fianco  fino alla morte di Luisa, avvenuta nel 1935 all’età di 58 anni. L’imprenditrice viene tumulata nella cripta di famiglia del Cimitero monumentale di Perugia.

Luisa Spagnoli è considerata una delle prime imprenditrici donne in Italia, oltre che una delle più virtuose, perché ha sempre cercato di creare una serie di strutture sociali per i dipendenti delle sue aziende. Quando era alla Perugina, la Spagnoli fondò un asilo nido nello stabilimento di Fontivegge, vicino a Perugia, considerato il più avanzato d’Europa nel settore dolciario. Il figlio Mario, poi, nell’azienda Angora Spagnoli fece costruire una vera e propria Città dell’Angora, con case a schiera per gli operai, una piscina comune, delle nursery per i bambini e durante il Natale regalava capi in lana a tutte le famiglie degli operai. Negli anni Sessanta per i figli dei suoi dipendenti fece costruire il parco giochi “Città della Domenica”, visitabile tutt’oggi.

Approfondimenti

Bacio Perugina
Si dice che il Bacio sia nato dall’idea di Luisa Spagnoli di impastare con altro cioccolato i frammenti di nocciola che venivano gettati durante la lavorazione dei cioccolatini. Ne venne fuori uno strano cioccolatino dalla forma irregolare e tondeggiante , che ricordava un pugno chiuso, dove la nocca più sporgente era rappresentata da una nocciola intera. Fu chiamato per questo “Cazzotto”. Giovanni Buitoni, contemporaneamente amministratore delegato della Perugina e presidente della Buitoni, non convinto di questo nome per dei cioccolatini da regalare, volle ribattezzarli con un nome più adatto. Nacque così il “Bacio” Perugina.

 

La presentazione ed il confezionamento del prodotto sono opera di Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni Venti, che rielaborando l’immagine del quadro di Francesco Hayez “Il bacio”, creò la tipica scatola blu con l’immagine di due innamorati. Fu sempre sua l’dea di inserire i cartigli contenenti le frasi d’amore che ancora oggi caratterizzano lo storico cioccolatino. I primi cartigli apparvero negli anni Trenti anche se Federico Seneca non li pensò inizialmente romantici come quelli che conosciamo oggi.

 

Secondo una versione romantica della storia, Luisa aveva l’abitudine di scrivere brevi messaggi al suo amante Giovanni Buitoni avvolgendoli attorno ai cioccolatini che gli mandava perché li ispezionasse. Pare che Seneca ispirandosi a questa storia d’amore segreta volle legare per sempre questa idea al cioccolatino. Così oggi tra il cioccolatino e l’incarto argentato troviamo ancora un messaggio scritto in varie lingue.

La campagna pubblicitaria del 1934, ideata da Aldo Spagnoli, figlio di Luisa, allora direttore della pubblicità alla Buitoni-Perugina, consistette nello sponsorizzare la trasmissione radiofonica “I Quattro Moschettieri” di Angelo Nizza e Riccardo Morbelli, attraverso la creazione delle celebri figurine disegnate da Angelo Bioletto, tra cui il famoso e introvabile Feroce Saladino.

La fiction “Luisa Spagnoli”

L’1 e il 2 febbraio 2016, su Rai1 è andata in onda la miniserie tv “Luisa Spagnoli”, diretta da Lodovico Gasparini e con Luisa Ranieri nei panni dell’imprenditrice umbra. Una fiction di successo con otto milioni di spettatori, pari a quelli registrati di solito da “Don Matteo” e “Il Commissario Montalbano”, che ha permesso di far conoscere un’“eroina” del secolo scorso sconosciuta ai più e che ha saputo sfondare barriere culturali con il suo sguardo lungimirante e la propria intraprendenza  innovativa.

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Il successo di “Luisa Spagnoli” è dovuto senza dubbio al pubblico femminile che, se in genere privilegia il romanzo in tv, stavolta si è mobilitato in misura davvero massiccia, con uno share del 37% (50% fra le meno giovani) mentre i maschi si arrestano al 20%. E poi non sembra una casualità che mentre l’ascolto si è spalmato con equilibrio fra le varie regioni – con l’ovvia eccezione del  60% dell’Umbria, la patria di Spagnoli, di Perugia e della Perugina -, colpisce lo scarso interesse della Lombardia e del Piemonte, ferme al 20%. Da questi dati pare che a spaccare  il pubblico siano intervenuti due fattori: il primo, chiamiamolo “fierezza femminile” per la figura di Luisa che, oltre al successo imprenditoriale, mostrava una piena emancipazione sul piano dei rapporti personali, e in secondo luogo la ritrosia di lombardi e piemontesi sembrerebbe invece rivelare una qualche reticenza padana nei confronti delle capacità imprenditoriali del resto del Paese, a maggior ragione se l’artefice è una donna.

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L’eredità di Luisa Spagnoli

Alla morte di Luisa è  il figlio Mario a permettere all’azienda d’abbigliamento voluta dalla madre di passare da attività artigianale a industriale. Egli inventò un particolare pettine per ottenere l’Angora dai conigli e uno strumento per tatuarli. Riuscì in breve tempo a far conoscere il marchio e a trasformarlo in una rete di negozi. Il primo aprì a Perugia nel 1940. Negli anni Cinquanta, grazie all’azienda guidata da Mario Spagnoli, in Italia gli allevatori di Angora erano circa 20mila e si crearono moltissimi posti di lavoro. Dal 1953 l’azienda passò nelle mani del figlio Lino Spagnoli (diminutivo di Annibale, come il marito della Spagnoli), che riuscì a potenziare l’azienda e ad affiancare alla maglieria la produzione di abbigliamento classico per signora, che funzionò molto bene e riuscì ad aprire in breve tempo una novantina di negozi. Oggi la Luisa Spagnoli S.p.a. conta 152 boutique italiane e 52 negozi all’estero, oltre a essere presente in negozi di abbigliamento multimarca.

 

L’attuale amministratore delegato e presidente dell’azienda è Nicoletta Spagnoli, figlia di Lino Spagnoli e bisnipote della fondatrice, in un recente articolo de “Il Sole 24 Ore” ha spiegato che oggi l’azienda ha 810 dipendenti, quasi tutte donne, e nel 2015 chiuderà con un fatturato di 126 milioni di euro, in crescita rispetto all’anno precedente. Nicoletta Spagnoli ha detto che «l’azienda è saldamente in mano alla mia famiglia e lo resterà. Anche mio figlio Nicola, che studia all’università, sta già collaborando con me, seguendo i nuovi progetti come l’e-commerce, che abbiamo lanciato nell’aprile 2015 e che sta andando molto bene, anche in Paesi dove non siamo presenti con negozi fisici, come l’Australia». Luisa Spagnoli vende molto bene in Italia, ma anche all’estero dove sta per aprire un quinto negozio in Iran, altri due a Dubai, uno a Londra e uno negli Stati Uniti, a Palo Alto. Di recente è stato anche lanciato il profumo “Luisa”, che sta andando molto bene.

 

«Nessun “santino”. Mia bisnonna Luisa Spagnoli era davvero una donna straordinaria, di indiscutibile umanità, oltre che con un incredibile spirito creativo e imprenditoriale». Dopo il successo della fiction andato in onda Rai Uno , Nicoletta Spagnoli interviene nel dibattito scaturito in rete sulla pioniera dell’imprenditoria italiana.  E così parla di lei in un intervista di  Maria Teresa Veneziani su il “Corriere.it” .

Che tipo era nel privato Luisa Spagnoli?

«Lei faceva una vita molto ritirata. Non ha mai fatto parte della cosiddetta società perugina. Ha lasciato il segno per la straordinaria modernità creativa, lo spirito d’inventiva e l’indiscutibile umanità e generosità. Quando è morta, a settembre del 1935, per sua volontà dal consiglio di amministrazione venne istituita una fondazione a favore dei suoi collaboratori del primo periodo della Perugina».

Che cosa sente di aver ereditato?

«La passione per il lavoro, l’amore per la creatività e questo lavoro bellissimo della moda, il senso del sacrificio e l’impulsività, che però sto tentando di tenere a freno. Ma è difficile paragonarsi a una donna del suo valore: di umili origini ma intraprendente al punto di aver fondato ben due aziende nel primo 900, una di cioccolato e una di moda, chiamando a lavorare le donne quando erano confinate ai margini della società, senza diritto di voto. A va il merito di aver introdotto la donna nella vita industriale. Ha creato un asilo negli Anni 20 perché ha capito che solo con il lavoro le donne potevano emanciparsi. E ha allestito anche una scuola del buon governo, dove c’era una signorina che insegnava alle dipendenti come prendersi cura della casa e dei bambini».

E lei Nicoletta, che imprenditrice è? La parità di genere oggi è raggiunta?

«Oggi secondo me uomini e donne hanno gli stessi problemi. Sono entrata in azienda a 30 anni e mi sono preoccupata di innovare l’azienda e ringiovanire lo stile conservando la missione di Luisa e di mio padre: fare una moda couture ma abbordabile. Siamo più di 800 dipendenti, 200 in azienda e 600 tra il personale dei negozi di proprietà (153 in Italia e 53 all’estero ndr). E la cosa che mi rende fiera è che per il 90 per cento siamo donne».

Per leggere l’intervista integrale, vai all’articolo cliccando qui.

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(Nella foto in evidenza in alto: Luisa Spagnoli con il figlio Armando, Perugia 1924-Archivio familiare)

 

 

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