“Ines dell’anima mia” di Isabel Allende – Recensione

Le memorie di una donna in una storia romanzata dall’autrice cilena 

di Barbara Saccagno 

“Inés dell’anima mia” è una biografia romanzata che ripercorre a ritroso la vita di doña Suaraz, una popolana spagnola che agguantò la fortuna con la sua tenace indipendenza, mettendo a rischio la propria vita al fianco dei conquistadores del Cile. Un ritratto a tinte forti incastonato in una delle più sanguinose e cruente pagine della storia del Paese dell’autrice, Isabel Allende.

Le vicende delle donne protagoniste della Grande Storia sono bisbigliate sottovoce. Ad andare a ricercare nel passato i loro nomi, le loro vicende ed i segni lasciati a margine dell’Universo maschile sono spesso le donne stesse, perché vogliono dargli una voce chiara e forte per uscire da un oblio di genere che non avrebbe mai dovuto esistere.

La scrittrice cilena Isabel Allende ha ripercorso la vita “da romanzo” di una delle protagoniste di primo piano della Storia del Cile, attingendo a piene mani dalla biografia storica di Inés de Suarez. La realtà dei “fatti” è stata arricchita dalla fantasia dell’Allende nel ricamare la sfera più intima dei sentimenti e dei ricordi privati di una donna “fuori dal coro”.

Libertà, libertà, solamente libertà. È la cosa più importante per loro, per questo non siamo riusciti a sottometterli, come non erano riusciti nemmeno gli inca.” (P. 79)

Inés nacque in Spagna nei famigerati e spietatianni dell’Inquisizione e dei conquistadores di Carlo V. Seppe cambiare, da sola,il suo destino seguendo il richiamo selvaggio dell’avventura nel Nuovo Mondo. Là, lontano dai rigidi schemi sociali spagnoli, da misera sartina si trasformò dain passionale guerriera, sempre al fianco, in battaglia e nel talamo, di due dei principali fautori della conquista del Cile: Pedro de Valdivia e Rodrigo Quiroga.

L’Allende è partita studiando a fondo la documentazione archivistica di una delle più cruente pagine della storia del suo Paese. Ha scandagliato e verificato tutte le tracce lasciate da doña Suarez, negli archivi e nei libri a lei dedicati, delineando un vivido diario sospeso fra realtà e finzione letteraria.

Le pagine raccolgono le memorie di una donna che, ormai vecchia e stanca, attende la morte desiderosa di ritrovare nell’aldilà le persone che ha profondamente amato.
Scorrendo a ritroso il passato di Inés l’autrice ne delinea un ritratto di donna forte e volitiva che scelse di rimanere sé stessa e fedele ai suoi ideali,a dispetto dei pregiudizi prevaricatori del maschilismo del suo tempo.

Nella disumana follia dell’Inquisizione, un peccato mortale che peserà in eterno sul genere umano, bruciare sul rogo non era difficile per una donna indipendente. Torture e pire umane erano mezzi alquanto potenti per “educare” gli animi alla tacita sottomissione ad un potere corrotto e coercitivo. Una donna libera quale Inès rischiava un’accusa formale di stregoneria, un’ombra terribile che sentì spesso raffreddargli l’anima e gelargli le vene:amante del piacere, passionale, volitiva ed indipendente, sensitiva, guaritrice, rabdomante, a conoscenza di propri desideri e delle proprie capacità, sognatrice, assassina di un uomo per difesa personale, capace di prendere decisioni importanti e di farsi ascoltare dagli uomini, e, peggio di tutto, decisa a scegliere autonomamente il proprio destino. Per evitarsi tale condanna dovette oscillare, con intelligenza e scaltrezza, come una funambola tutta la vita sul filo del compromesso e della libertà, fidandosi del suo naturale istinto di auto protezione.

Sin dalla giovane età si sentiva padrona del suo destino. Questa giovane sartina, vedova e povera in una Spagna soffocante, decise di sfidare la morale corrente scegliendo, contro tutti, di sfruttare la partenza del marito, salpato anni addietro a cercar fortuna in Sud America, per abbandonare il suo mondo alla ricerca di avventura.
Dall’altra parte del globo cambiò una sorte che pareva già scritta dalla nascita. Facendo tesoro delle sue abilità e della sua sfrontatezza si trasformò in compagna, guerriera e consigliera al pari, audacia non concessa alle donne spagnole, dei conviventi che scelse di amare, due trai i più potenti uomini del Cile.

I natali popolani le portarono in dote la capacità di amministrare con saggezza e perspicacia i beni personali propri e del marito. Fu ottima organizzatrice civica dei nuovi insediamenti cileni edattiva in quello che noi oggi definiamo “sociale”, fondando scuole ed ospedali ma anche scendendo attivamente in campo nell’aiutare i suoi concittadini.

Il libro è un omaggio ad una personalità di spessore, peccato che si muova sullo sfondo di una delle tante pagine cupe e vergognose della grande Storia del Mondo.L’umanità è la protagonista della sua auto-estinzione sin dagli albori della sua Storia, i motivi sono sempre gli stessi, squallida invidia e meschina cupidigia, irrefrenabile ed inconcepibile.

Purtroppo, gli esseri umani non sembrano imparare nulla dagli errori commessi, ancora oggi, preferiscono reiterare i peggiori crimini contro sé stessi, pur conoscendone le conseguenze, invece di migliorare ascoltando i moniti della Storia, maestra di vita esclusivamente se la si sa ascoltare.

Nel Nuovo Mondo nessuno si fa tanti scrupoli quando si tratta di esercitare violenza. Cosa dico? La violenza come quella praticata da Aguirre esiste da tutte le parti e in tutti i tempi. Niente cambia, noi esseri umani ripetiamo gli stessi peccati in continuazione, in eterno.” (P. 242)

La storia di Inés è un gancio nello stomaco. Il lettore si ritrova immerso in un turbinio di violenze inaudite, alimentate dalla bieca sete di potere mascherata da missione divina.

Si distorsero senza pensieri i precetti divini, rispetto, carità, umiltà ed accoglienza, per piegarli alla propria mercé, giustificando la crudeltà famelica, e demoniaca, degli uomini; il desiderio di dominare e di possedere giustifica lo sterminio del prossimo senza pietà. Da ambo le parti,conquistadores e indigeni, non si risparmiarono nulla, vendette, potere, massacri, brutalità, violenze, vanità, sterminio, coercizioni, odio.
L’oscurantismo controriformistico, con il suo avido e truculento strascico di crimini, traspare nelle parole di Inés. Ogni tipo di crimine è perdonato al cospetto della “grande impresa” che s’à da compiere, sia si tratti di conquista che di difesa della propria terra.

Azioni e reazioni crudeli che scatenarono una spirale d’odio a lungo strascico. Il serpente si morde la coda senza rendersi conto che per evitarsi il dolore basterebbe allentare la mandibola che ne lacera il corpo. Ogni volta l’Uomo perde la sua occasione di usare l’empatia, di cancellare l’ottusità e optare per l’apertura verso l’altro, per il dialogo e la condivisione, per un futuro tollerante ed inclusivo in trasversale.

Purtroppo, da allora, nulla è cambiato, come recitano le profetiche parole di Inés, gli essere umani non hanno imparato nulla dai propri errori. Nemmeno, o forse ancor meno, nel contemporaneo siamo capaci di comprendere che è la reciprocità a rendere il mondo un posto meraviglioso in cui vivere.

Leguerre rimangono la parte più oscura della più becera ignoranza umana, ammantate di motivazioni fittizie che nascondono al popolino,carne da mandare al macero senza pietà, la sete di potere e denaro dei burattinai, loro stessi inette marionette nella mani della propria piccineria.

Una storia vera, una biografia romanzata che lascia in bocca l’amaro della verità storica, dello squallore dei più bassi istinti umani.
A margine, o forse al centro del sangue versato e delle devastazioni, la vita di Inés, una donna libera e consapevole, fuori dagli schemi opprimenti del suo tempo, che, in fondo, non è molto diverso da ciò che sta succedendo oggi, però, noi possiamo ancora cambiare direzione, il futuro è ancora tutto da scrivere.

– Isabel Allende, “Ines dell’anima mia”, 2007.

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