25 novembre// La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

di Sara Foti Sciavaliere

Se seguiamo con attenzione i post sui social e gli aggiornamenti del web probabilmente tutti i 365 giorni del calendario, o almeno la maggior parte, saranno ormai associati a ricorrenze commemorative e celebrative, ogni giornata è diventato un “World Day’s …” e nel mare magnum come sempre si finisce per generare la dispersione, si perde il significato vero di queste giornate, un po’ come ormai succede da tempo per l’8 marzo tramutata in una festa commerciale e svuotata del suo vero senso. E oggi, 25 novembre, che cosa ricordiamo? È una delle tematiche più trattate, ormai i talk e le istituzioni l’hanno raccontato in tutte le salse, eppure sembra un fenomeno che non intenda frenare. Parlo della violenza di genere, in ogni sua forma. Oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

È una ricorrenza istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1999, designando il 25 novembre come data per questa Giornata e invitando i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in quel giorno. Essa nasce partendo dal presupposto che la violenza contro le donne sia una violazione dei diritti umani e si leghi a una radicata discriminazione nei confronti delle donne, dal punto di vista legale e pratico, e alla persistenti disuguaglianze tra uomo e donna.

 La scelta della data ufficiale della ricorrenza si deve a un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981, in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo, il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana sotto scacco per oltre 30 anni. Quel  25 novembre 1960, le sorelle Mirabal – che si recavano a far visita ai loro mariti in prigione – furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare e, condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze, furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne approvata dall’ONU nel 1993 all’art.1, descrive la violenza contro le donne come:

«Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata.»

È un fenomeno dallo spettro ampio, estremamente subdolo e insidioso, visto che spesso si nasconde in un dimensione privata, tra le quattro mura di casa. Esiste di fatto la violenza domestica esercitata soprattutto nell’ambito familiare o nella cerchia di conoscenti, attraverso minacce, maltrattamenti fisici e psicologici, atti persecutori o stalking, percosse, abusi sessuali, delitti d’onore, uxoricidi. C’è anche un’altra forma di violenza contro le donne che è quella economica, che consiste nel controllo del denaro da parte del partner, nel divieto di intraprendere attività lavorative esterne all’ambiente domestico, al controllo delle proprietà e alla proibizione a qualunque iniziativa autonoma rispetto al patrimonio della donna. Ma non dimentichiamo di violazioni quali il fenomeno delle spose bambine e quello delle mutilazioni genitali femminili, una problematica che sembrerebbe retriva ma purtroppo ancora attuale nei Paesi non occidentali, seppure ci si sta muovendo per porre rimedio a queste pratiche che sono a tutti gli effetti atti di violenza, di abuso.

Secondo l’Istat, nel nostro Paese una donna su tre ha subìto qualche forma di violenza nel corso della sua vita, specialmente in famiglia. Questo vuol dire che in Italia poco meno di sette milioni di donne tra i sedici e i settant’anni hanno subìto violenza fisica (20,2 per cento) o sessuale (21 per cento); dalle forme meno gravi come lo strattonamento o la molestia a quelle più gravi come il tentativo di strangolamento o lo stupro (5,4 per cento). Gli autori delle violenze più gravi sono prevalentemente i partner o gli ex partner (62,7 per cento). Gli sconosciuti invece nella maggior parte dei casi commettono molestie sessuali (76,8 per cento). La violenza di genere è un fenomeno capillare e diffuso, però purtroppo ancora per lo più sommerso. Di fatto, solo il 12 per cento delle violenze è denunciato.

Gli eventi di questo già difficile 2020 – ahinoi! – hanno contribuito a incrementare i rischi a cui sono soggette alcune donne nelle loro case e così durante i mesi di lockdown per l’emergenza sanitaria si sono letti dati davvero preoccupanti: triplicati gli omicidi che hanno avuto come vittima una donna, arrivando a un femminicidio ogni due giorni. L’ambito di maggior pericolosità proprio quello familiare, dove avvengono oltre la metà degli omicidi in Italia. Quindi si può immaginare la tragedia annunciata per molte donne costrette con il loro carnefici h24 senza possibilità di scampo, senza quel minimo di tregua, e il vessatore ancora più esacerbato dalle costrizioni, una frustrazione che chiaramente viene rivolta alla compagna. I dati del Dossier Viminale 2020 tracciano il quadro di una strage di donne: negli 87 giorni di lockdown  (9 marzo – 3 giugno 2020) sono stati 58 gli omicidi in ambito familiare-affettivo: ne sono state vittime 44 donne (il 75,9%) e in 14 casi gli uomini.

A favore della dilagante violenza di genere, di certo ha giocato il silenzio che l’accompagna, la paura e la vergogna delle vittime nel denunciare, temendo ripercussioni maggiori e diventando così complici del loro aggressori, incuranti dei tragici esiti di un simile circolo vizioso , che andrebbe spezzato sul nascere. Per tutelare chi è oggetto di queste azioni abominevoli era necessario un intervento dei legislatori e in tale direzione in effetti negli ultimi anni qualcosa è stato fatto.

In particolare nel 2013 è stata approvata quella che i mass media chiamano “legge sul femminicidio”, in attuazione della Convenzione europea di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, modificando il quadro normativo con interventi sulle singole fattispecie di reato, con l’introduzione di nuove aggravanti e con la previsione di nuove misure coercitive per l’aggressore. Inoltre sono state concepite alcune norme per l’assistenza e la protezione delle vittime della violenza di genere. Ad esempio , viene posta attenzione sullo stalking commesso da uomini, prevedendo un’apposita aggravante per questo reato nel caso in cui la vittima sia una donna in stato di gravidanza, oppure se l’aggressore è il coniuge – anche separato o divorziato -, cioè qualcuno con cui la donna è stata legata da relazione affettiva, anche senza convivenza. A questo si aggiunge la possibilità per la polizia di disporre, con l’autorizzazione del magistrato, l’allontanamento da casa dell’aggressore con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, qualora sussistano timori di reiterazione del reato e di pericolo per le persone offese.

Quanto stabilito dal Consiglio d’Europa, ha trovato poi uno riscontro specifico nella normativa italiana piuttosto di recente. Nel 2019 infatti il nostro Parlamento è intervenuto nuovamente sul tema, adottando altre misure per contrastare la violenza di genere con la cosiddetta legge sul Codice Rosso. La norma ha introdotto una particolare procedura d’urgenza – di contrasto e di prevenzione –  per tutti i delitti di violenza domestica, di stalking e, più in generale, di abusi e maltrattamenti familiari. Il provvedimento riconosce la nuova categoria dei reati di violenza domestica o di genere nell’ambito dei quali rientrano: il reato di maltrattamenti contro conviventi o familiari, la violenza sessuale aggravata o di gruppo, gli atti sessuali con minorenne, gli atti persecutori e le lesioni aggravate commesse in contesti familiari o nell’ambito di relazioni di convivenza e introduce nuove disposizioni penali volte all’irrigidimento del trattamento sanzionatorio e dell’azione processuale.

Ma nulla è possibile se si continua a tacere, se non si chiede aiuto, nessuna legge può proteggerti da una minaccia non denunciata. È proprio per facilitare l’emersione e il contrasto del fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne che nel 2006 è stato attivato il numero 1522, un servizio pubblico – gratuito è attivo 24 h su 24 – promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità,  con operatrici specializzate che accolgono le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. L’appello, banale eppure non scontato, è: “Denunciate!”

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