Giuseppe Di Vittorio e i diritti dei lavoratori

Giuseppe Di Vittorio

 

 Un uomo del Sud si batte
per la dignità dei lavoratori vincendo pregiudizi
culturali e politici

di Rossella Bufano

brano 1
brano 2

Giuseppe Di Vittorio, passato alla storia come il primo grande segretario della CGIL, nasce a Cerignola (Puglia) nel 1892 da un famiglia di braccianti e proprio nei campi inizia la sua attività di sindacalista. È noto che si autodefinisce “figlio del bisogno e della lotta”. Bracciante poverissimo e autodidatta, si batte per due grandi sogni, che con lui diventano realtà: difendere i diritti dei lavoratori e, nel Secondo dopoguerra, dare vita a un unico sindacato dei lavoratori senza condizionamenti partitici. Infatti, pur aderendo agli ideali comunisti, conserva una posizione autonoma che lo induce a condannare la feroce repressione sovietica in Ungheria nel 1956. «L’affermazione del valore sociale e culturale del lavoro è stato il principio che ha sempre ispirato e accompagnato l’azione sindacale di Di Vittorio; l’autonomia, la democrazia e l’unità del sindacato sono stati i suoi principali obiettivi. La CGIL doveva restare rigorosamente plurale e apartitica, senza per questo venire meno ad una sua naturale vocazione politica, centrata sulla difesa e lo sviluppo della democrazia e della Costituzione repubblicana, che aveva nella solidarietà e nei diritti i suoi principali valori» (da Biografia di Giuseppe Di Vittorio).

Di Vittorio riveste molte cariche ma subisce anche tanti soprusi

La sua esperienza di vita è ricca di traguardi ma anche di avversità. Nel 1902 il padre muore e lui è costretto ad abbandonare la scuola elementare per essere avviato al lavoro nei campi. Nel 1904 partecipa a una manifestazione di lavoratori agricoli, durante la quale interviene la polizia uccidendo quattro lavoratori. Nel 1910 diventa segretario del circolo giovanile socialista di Cerignola. Nel 1913 diventa segretario della Camera del Lavoro di Minervino. Nel 1921 viene eletto deputato mentre è detenuto nelle carceri di Lucera, arrestato per la resistenza al Fascismo. Nel 1936 contribuisce in Spagna ad Albacete all’organizzazione delle Brigate Internazionali con Luigi Longo e Andrè Marty. Nel 1939 dirige “La voce degli italiani”, quotidiano antifascista. Il 10 febbraio 1941 viene arrestato a Parigi dai tedeschi. Nel 1943 viene liberato e partecipa alla lotta di Liberazione. Firmatario del Patto di unità sindacale di Roma del 1944 con Achille Grandi per i democristiani e Emilio Canevari per i socialisti, diviene segretario generale della Cgil unitaria. Nel 1946 viene eletto deputato dell’Assemblea Costituente. Queste sono solo alcune delle date significative della sua esistenza. Di Vittorio resta un esempio, un modello per la sua capacità di credere in un progetto e di lottare per la sua realizzazione. Una lotta pacifica, tenace, nonostante le guerre, la violenza fascista, l’ipocrisia comunista, la crisi economica pre e post guerre. Non smette mai di cercare unione, con gli operai del nord, con gli altri sindacati. Si serve del dialogo per far prendere coscienza che i bisogni sono comuni e per difendere i diritti.

Il piano del lavoro: rilancio economico e occupazionale

In piena guerra fredda, e quindi in un periodo di crisi ideologica e sociale, di incertezze oltre che di povertà, Di Vittorio lancia un progetto per la crescita economica e l’aumento dell’occupazione. Tra il 1949 e il 1950 egli propone il “Piano del Lavoro”, che punta sulla nazionalizzazione dell’industria elettrica, sulla costituzione di un ente nazionale per la bonifica delle terre e la redistribuzione dei latifondi, sull’istituzione di un ente nazionale per l’edilizia popolare, sulla realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche. Il finanziamento di quest’opera di rilancio del Paese, doveva provenire da una tassazione progressiva (che incide sui redditi più alti), dall’utilizzo del risparmio nazionale e da prestiti esteri.

L’attualità di Di Vittorio

Come evidenzia Maurizio Ballistreri, la proposta del Piano di Lavoro di Di Vittorio conserva, in questo momento di recessione globale, una straordinaria attualità. La disoccupazione di massa, infatti, non può essere fronteggiata con interventi isolati, ma con un piano di sviluppo generale del Paese «partendo, per una volta, non dal Nord ma dal Mezzogiorno».

Lo scorso marzo Rai 1 ha trasmesso la biografia del nostro personaggio, dal titolo “Pane e libertà”. Una sorta di monito a fronte del dramma di migliaia di posti di lavoro a rischio, dei sindacati spaccati e di un governo che si occupa poco dei lavoratori.

Approfondimenti
Per saperne di più

Fondazione Giuseppe Di Vittorio
casadivittorio
Maurizio Ballistreri
Alessandra Vitali, articolo su «Repubblica»

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